LA PSICOLOGA RISPONDE

Per la rubrica “Parola all’esperto”, ho voluto proporre un’intervista alla Dottoressa Lucia Formenti, psicologa e psicoterapeuta, specializzata nel metodo EMDR. Grazie al suo contributo, ci addentreremo nel mondo della psicologia, indagando il ruolo e i limiti ivi giocati dalla parola.

1) Cosa ti ha spinto a intraprendere gli studi psicologici?

Sin da piccola amavo parlare con le persone, ascoltare le loro storie. Sognavo di fare la detective… Diciamo che in un certo senso ho realizzato il mio sogno, solo ho imparato a investigare nella mente delle persone invece che fuori!

2) Qual è la “missione” dello psicologo (o psicologa)?

La missione dello psicologo è quella di facilitare la persona a trovare da sola la propria strada per il benessere e la serenità. Non è giudicare né semplicemente dare consigli; ognuno di noi conosce dentro di sé la strada più funzionale per adattarsi a quanto vissuto e proseguire la vita in modo positivo e propositivo. Il ruolo dello psicologo è quello di accompagnare la persona in questo viaggio.

3) Che cos’è e come funziona il metodo EMDR?

L’EMDR è un approccio di psicoterapia scientificamente comprovato. Attraverso la stimolazione bilaterale aiuta le persone a desensibilizzare le esperienze traumatiche vissute e a rielaborare quanto accaduto dandogli una nuova lettura positiva e più funzionale per l’individuo. L’EMDR è efficace nel trattamento di numerose psicopatologie alla base delle quali vi sono ricordi non rielaborati quali la depressione, l’ansia, le fobie, il lutto acuto, i sintomi somatici e le dipendenze.

4) Veniamo all’importanza delle parole nella professione dello psicologo. Che ruolo e che funzioni svolge il linguaggio verbale nel tuo lavoro?

Penso che il linguaggio verbale sia importante per mettere in parole e dare voce al disagio delle persone, ma è solo una piccola parte del modo in cui comunichiamo con l’altro. Il linguaggio paraverbale e quello corporeo veicolano secondo me molte più informazioni e fanno trasparire in modo più vero ciò che pensiamo e proviamo.

5) Perché, secondo te, le persone faticano a esprimere a parole ciò che “sentono dentro”?

Io dico sempre che il linguaggio delle emozioni è come una qualsiasi altra lingua: se quando siamo piccoli non ce lo hanno insegnato, o i nostri genitori non lo hanno parlato con noi, difficilmente noi potremo farlo in modo naturale. Non siamo stati istruiti. Altre volte sono le esperienze traumatiche vissute a creare un blocco nello sviluppo di quel linguaggio.

6) Quali sono i vantaggi e gli svantaggi, psicologici, che trae il paziente dalla diagnosi?

A me non piace particolarmente fare diagnosi, o per lo meno non mi piace comunicarla ai miei pazienti. Preferisco spiegare perché si sentono così, da dove origina il loro disturbo e come esso si inserisce nella loro storia di vita, capire quale funzione ha avuto. Dare semplicemente un nome rischia di diventare un’etichetta, un marchio con cui la persona finisce per identificarsi e per giudicarsi. Ci sono tuttavia casi specifici in cui invece penso sia importante fare diagnosi e dare il nome preciso perché ciò ha una funzione psicoeducativa e aiuta il paziente a prendere atto di cosa sta succedendo (ad esempio nei disturbi alimentari o nei casi di pazienti più complessi con disturbi dissociativi).

7) Che peso hanno le parole del professionista nella relazione psicologo-paziente? L’esperto ha metodi particolari per comunicare, senza condizionare l’altrui psiche?

Le parole del professionista sono molto importanti. Il paziente si affida a noi e si fida di cosa diciamo. Penso sia fondamentale creare un ambiente in cui il paziente non si senta giudicato e viva anzi la libertà di esprimersi e di essere se stesso. Con noi il paziente può e deve vivere un’esperienza correttiva per cui dobbiamo stare molto attenti a quello che diciamo e a come lo diciamo, sempre!

8) Qual è la differenza fra “sensazione”, “sentimento” ed “emozione”?

Le emozioni hanno origine nel sistema limbico, nella parte più primitiva del nostro cervello e sono innate, geneticamente determinate, immediate. I sentimenti invece sono frutto del pensiero astratto; per provare un sentimento bisogna pensare a quello che è successo e valutare l’emozione. Le emozioni primarie sono gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa; i sentimenti invece sono molto più eterogenei. Le sensazioni infine sono correlate al sentire fisico, non emotivo, e si riferiscono ai canali sensoriali udito, vista, olfatto, tatto e si avvalgono di organi di senso.

9) Perché, spesso, in conseguenza a gravi traumi rimaniamo letteralmente “senza parole”?

Le risposte di fronte ad un evento particolarmente stressante possono essere di fight o flight o freeze (combattimento, fuga, congelamento). Le prime due riguardano la sopravvivenza, ma solo quando pensiamo che utilizzando questa strategia abbiamo una possibilità di battere i nostri aggressori. Quindi quando attiviamo queste risposte esiste la speranza. Invece, quando attiviamo la risposta di freeze, percepiamo di non avere speranza nel controbattere l’aggressore. È una risposta che attiviamo quando ci sentiamo sopraffatti dall’aggressore e percepiamo che NON ci sia SPERANZA di sopravvivenza e cosi tendiamo a paralizzarci rimanendo immobili e senza parole perché crediamo che sia l’unico modo per sopravvivere.

10) Che ruolo ha, quindi, il linguaggio non verbale? A tuo parere a tale forma espressiva viene data la giusta rilevanza?

Il linguaggio non verbale è fondamentale, imprescindibile in una terapia, così come possedere strumenti che possano lavorare su di esso e sul corpo del paziente. In passato questi aspetti sono stati sottovalutati, ma per fortuna negli ultimi anni la ricerca e l’attenzione verso il non verbale/ corporeo sono sempre maggiori.

11) Molto spesso, il metodo EMDR si concentra su una semplice sensazione corporea. Quanto è importante, dunque, sentire e ascoltare il proprio corpo? Che legame c’è fra la psiche e il corpo?

l’EMDR è tanto potente perché ha un modello teorico su cui si fonda e che spiega in modo assolutamente scientifico come funziona il nostro cervello e come le persone reagiscono a quello che vivono, e soprattutto come noi psicologi possiamo intervenire per aiutarle a rielaborare le esperienze traumatiche vissute. Tutto ciò significa che la classica distinzione fra psiche e corpo non sussiste più. L’utilizzo dell’EMDR porta a cambiamenti nel cervello della persona che sono misurabili e quantificabili, non si tratta solo di fare quattro chiacchiere e di alleggerire l’animo del paziente.

12) Ti senti di aggiungere altro riguardo il ruolo delle parole nella tua professione?

No, direi che va bene così, altrimenti parlerei per ore e la parola perderebbe di potenza!

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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