46° settimana: BELIEVE/CREDERE
Cara mamma,
non so se questa mia lettera ti giungerà mai o se, come la scia di una cometa, si dissolverà silenziosa nella perfetta immensità dell’Universo. Ma io ci provo lo stesso…
È già da qualche giorno che me ne sono andata. Sono partita così, all’improvviso; nemmeno il tempo di stringerti un’ultima volta, di dirti quanto ti ho amata. La mia voce, è vero, non risuonerà più, non porterà più allegria nei tuoi giorni tristi ma, ti prego, abbi la forza di scovare le mie tacite parole nel tuo cuore.
Con questa breve lettera non sono qui a chiederti di non odiarlo, di perdonarlo. Forse, al posto tuo, non sarei riuscita nemmeno io. Ciò di cui vorrei implorarti, però, è di non lasciare che il rancore che provi nei suoi confronti adombri e seppellisca i nostri ricordi più cari. La nostra felicità condivisa.
Lui non può rubarci anche questo. Non se lo merita; noi non ce lo meritiamo.
La vita è stata ingiusta, mamma. Lo so. Forse, però, a essere ingiusta, più che la vita, è stata la morte che, per mano di un uomo che diceva di amarmi, ha lasciato cadere il suo mantello impietoso su una ragazza di vent’anni. La tua bambina.
D’altronde, la vita non può essere questa. La vita non è questa, me lo hai insegnato tu. Esistere non è sopravvivere.
Esistere è sperare nel domani, CREDERE in un futuro migliore. Un futuro riposto nelle tue mani; nelle laboriose mani di ogni essere umano. Uomo o donna.
Vivere è emanciparsi, conoscere e, dunque, sentirsi liberi. Liberi di andare, di concedersi, di rifiutare… Già, proprio perché ho avuto il coraggio di rifiutare ora non sono più lì con te, a consolare le tue lacrime.
Ma se non avessi avuto la forza di farlo, di rifiutarlo, probabilmente non sarei vissuta comunque. Vivere non è sopravvivere e alla forza di volare non ho saputo resistere.
Dunque, mamma, non preoccuparti per me: ora, finalmente, posso volare senza catene. Proprio come mi hai insegnato tu!
Un abbraccio,
Tua figlia