Recentemente, frugando nella scatola dei ricordi della nonna, ho rinvenuto un cimelio storico. Un mio tema. Anzi, il tema. Lo scritto che più di ogni altro ha segnato la mia passione per la scrittura e ha affinato l’abilità del calarmi nei più disparati punti di vista.
Ero in prima liceo quando la prof. d’italiano, Maria Pia Mariani, ci dettava una consegna insolita: nel nostro elaborato avremmo dovuto “far parlare” un oggetto, raccontando una storia dalla sua ottica.
E io scrivevo così…

Eccomi qui! Dopo tanti anni di assurdo lavoro finalmente anche per me è giunta l’ora della pensione.

Ah, già, è vero: scordavo di presentarmi. Sono un pallone da calcio che da un paio d’anni fa compagnia a una ragazza che ha una forte passione per l’Inter. Voi vi starete chiedendo come può una donna essere così tifosa. Beh io, dopo averci pensato molto, ho concluso che questa ragazzina è pazza!
Adesso cercherò di raccontarvi la mia storia.
Sono nato circa dieci anni fa in una fabbrica che produceva attrezzi sportivi. Quando avevo appena due mesi mi hanno portato in un centro di allenamento che ospitava una squadra di Serie A: l’Inter. Al primo giorno di lavoro ero molto entusiasta perché finalmente potevo rendermi utile a qualcuno ma avevo paura di farmi male con i calci che dovevo ricevere.
Infatti, durante la mia carriera lavorativa, mi sono “sfracellato” tre volte: la prima risale a cinque anni fa quando un giocatore, non mi ricordo chi fosse, mi calciò e io finii contro un palo della porta; la seconda, e la più dolorosa, si è verificata dopo due mesi quando Adriano sbagliò un tiro e mi fece finire su un albero. Mi tagliai tutto e dovetti restare per quindici giorni in convalescenza. L’ultima è di tre anni orsono. La squadra si stava allenando tirando i calci di rigore. Quasi tutte le volte finii in rete ma all’ultimo rigore Stankovic, che secondo il mio punto di vista ha un piede un po’ storto, mi fece atterrare sull’asfalto dietro la rete. Anche quella volta restai a riposo una settimana.
Vi voglio narrare il giorno più bello della mia vita.
Era una domenica quando, dopo un lungo viaggio fatto nella borsa del mister, mi trovai nel bel mezzo dello stadio di San Siro. Vedevo tutto il pubblico in delirio: dagli spalti provenivano cori di incitamento diretti ai loro beniamini, a dire la verità mi parevano molto gradevoli.

Durante la partita, ad ogni mio movimento, la gente urlava e si agitava. Fu proprio in quel momento che mi resi conto che il protagonista ero proprio io. In quella gara finii in rete tre volte: una volta a favore degli avversari e due volte a favore dell’Inter.
Col passare degli anni ero sempre più affezionato a questa squadra e per questo sopportavo meglio tutte le “botte” che ricevevo.
Però, un giorno di dicembre, precisamente venerdì 17, la mia vita cambiò: Toldo, il portiere della squadra, mi prese e mi fece scrivere addosso tutte le firme dei suoi compagni. Ero un po’ confuso perché non capivo cosa mi stava accadendo.
Dopo poco mi consegnò nelle mani di una ragazzina che non avevo mai visto né conosciuto. Al momento mi sembrava una persona simpatica ma anche un po’ “rompiscatole” perché continuava ad accarezzarmi e a farmi girare su me stesso. Mi portò con lei in macchina e durante il viaggio mi teneva sempre stretto ma per fortuna mi addormentai.
Quando riaprii gli occhi mi trovai in una stanza molto illuminata e tutta ricoperta di foto e di quadri raffiguranti i miei vecchi datori di lavoro. Trascorsa una settimana da quando lasciai il centro d’allenamento, fui spostato sulla mensola più alta da dove potevo dominare e osservare tutti i particolari.
Ben presto capii che quella stanza era il mio ricovero per la pensione. Infatti, da allora, trascorro intere giornate senza far nulla, il mio unico scopo è quello di abbellire il locale.
Ogni tanto, Silvia, questo è il nome della mia nuova amica, mi prende e mi porta nel giardino a giocare. Così mi regala le emozioni provate nella mia giovinezza.

Rileggendomi, nulla da dire. Un appunto, però, contenutistico: come ho potuto dire che proprio Stankovic avesse sbagliato un tiro? Ipotesi del tutto inverosimile! Il mio giocatore preferito di tutti i tempi; colui il quale, a suo modo, mi ha dato il là per l’approfondimento che ha ispirato la nascita della mia nuova opera, “Il gelsomino di Sarajevo”, di cui vi ho già accennato e che sta prendendo forma sotto le mani esperte di una casa editrice per una prossima pubblicazione!
Ahhhh il tiro di Deki Stankovic…