1. Personaggio o storia
Leggendo un libro, molto spesso, ci si affeziona al protagonista, o all’antagonista. È inevitabile.
Quante volte, all’ultima pagina, abbiamo sperato che ci sia un secondo capitolo? Che quel personaggio, attraverso macchie d’inchiostro, possa riprendere vita?
E non per forza perché il libro resta inconcluso, con un finale aperto; semplicemente per il sottile gusto d’incontrare ancora quell’eroe o quell’eroina. Per condividere con lui/lei le avventure, i dilemmi, i sentimenti… come fossimo vecchi amici.
A volte, gli autori ci accontentano. Forse anch’essi un po’ nostalgici, un po’ romantici, scrivono di quel protagonista ancora, e ancora, e ancora. La storia è in funzione del personaggio, e non il contrario.
Sono vari i modi di far rivivere gli eroi. Come per alcune serie TV, alcuni libri vanno a episodi: la trama di ciascuna opera termina con essa e nel romanzo successivo il protagonista è alle prese con un intreccio diverso, con delle prove diverse. A proposito: ve lo ricordate Robert Langdon, il geniale professore americano di Dan Brown?
Diversamente, nei sequel, oltre ad avere lo stesso eroe, la trama continua. Il libro precedente, molto spesso, si era concluso con un finale aperto che lasciava presagire una continuazione. Esempio eclatante è la serie de “Il cavaliere d’inverno” di Paullina Simons, la quale, piccolo spoiler, essendo stata mia piacevole lettura estiva, sarà oggetto della prossima recensione su questo blog.
Infine, ancora diversi, sono gli spin-off. In questi casi si raccontano le vicissitudini private di un personaggio, non per forza del protagonista.
Ma i lettori prediligono romanzi con gli stessi personaggi o con personaggi diversi?
2. Fifty-fifty… o quasi
Al fine di rispondere a tale domanda, ho lanciato un sondaggio sui miei canali social. Per la prima volta, le preferenze espresse sono state di (quasi) parità.
Ecco i risultati:
Dunque, mentre il 43% ama leggere altre puntate e avventure dello stesso eroe, o della stessa eroina, il restante 57% si dice sempre alla ricerca di nuove conoscenze… letterarie!
3. L’arte di lasciare andare
Il far vivere e rivivere lo stesso protagonista, nonostante il sapore romantico, porta con sé alcuni rischi, sia per l’autore che per il lettore.
Per ciò che riguarda il primo, a volte, capita (ed è normale che sia così) di adeguare il continuo della storia al personaggio, a discapito anche della trama e della sua veridicità. Al centro c’è l’eroe, e non la narrazione. Inoltre, in alcuni casi, alla lunga il protagonista e le sue gesta vengono esasperati, facendone perdere la credibilità e quel tocco di magia, di aurea.
Anche il lettore potrebbe rimanere deluso. Quante volte, infatti, abbiamo sentito dire che il sequel non è all’altezza del primo romanzo? Un milione di volte, almeno. Ciò accade perché, inevitabilmente, ognuno di noi, soprattutto terminando un libro a finale aperto, si fa un suo personale film su quello che sarà successo poi al protagonista. Leggendo il continuo ipotizzato dallo scrittore, quasi sempre diverso dal nostro, avvertiamo qualcosa di stonato, d’ingiusto. La realtà (immaginaria) non è la stessa da noi voluta, sospirata e ciò finisce per crearci disagio.
Dunque, a volte è meglio lasciare andare, sforzandoci di dare noi un seguito al personaggio e alla sua storia. In fondo, cosa c’è di più intimo dei ricordi?