Sfiorarsi

33° settimana: SLICE/SPICCHIO*

Ora era in pace. Abbarbicato sullo stesso scoglio, ogni giorno si godeva quel bellissimo SPICCHIO di orizzonte, estasiato dalla grandezza dell’infinito. Osservando la linea del quale gli sembrava scorgervi lo sguardo della sua bambina.

Gli pareva allegro, proprio come se lo ricordava.

Pochi mesi dopo la sua scomparsa, aveva chiesto silenziosamente a Dio di inviargli nel suo cammino un segno che le ricordasse la figlia. La sua assenza era straziante. Il non avere notizie di lei ancora peggio.

Stava bene nel nuovo mondo? Era al sicuro o aveva bisogno che forti braccia paterne le donassero la loro protezione?

Avendo ormai perso le speranze in qualunque risposta divina, fu per caso che si imbatté, durante un tramonto, in quello sperduto angolo di paradiso terrestre. Passeggiando senza meta per il lungomare della cittadina in cui aveva vissuto per tutti i suoi anni, notò una scaletta la quale, era pronto a giurare, non esserci mai stata prima.

I pochi gradini di legno lo condussero a una nascosta insenatura. E lì ritrovò la figlia.

Il frusciare della sabbia sollevata vorticosamente dal vento riproduceva lo stesso suono della risata della sua bambina, discreta e contagiosa. Le onde del mare agitato lambivano il suo corpo sfinito proprio come i calorosi abbracci di lei, ogni sera, quando, sfinito, rincasava dal lavoro. Persino le alghe, saldamente affrancate a quello SPICCHIO di roccia, erano lì a rammentargli la morbidezza dei suoi lunghi capelli ramati che, a ogni piroetta, roteavano liberi nell’aria.

Allora la sua sofferenza si acquetava, almeno per gli infiniti minuti di un tramonto. Con il cuore sazio di amore, abbandonava la spiaggetta deserta, dando appuntamento alla figlia per l’indomani, minuto più minuto meno.

Sulla strada del ritorno, non smetteva di sorridere. Dopotutto, l’infinito altro non era che il punto di congiunzione fra vivi e morti.

* In lingua inglese, la parola “slice” significa anche “fetta”, ma io ho preferito tradurla con il termine “spicchio”.

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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