9° settimana: BOTANY/BOTANICO
In oltre mille anni, la cittadina di Uanchy aveva goduto del tepore emanato dai raggi solari solo una cinquantina di volte, tutte celebrate come un evento più unico che raro. I suoi abitanti, infatti, potevano trascorrere anche un’intera esistenza senza sperimentare sulla loro pelle quel piacevole torpore.
Quel remoto angolo terrestre era da sempre tenuto in scacco da un signore barbuto. Dalla sua bocca emanava un alito così gelido da ricoprire la vallata di brina e ghiaccio perenni. Fra i residenti si andava dicendo che l’uomo, da tutti conosciuto come Inverno, si era ridotto in quel pietoso stato a causa di una delusione d’amore, che aveva raffreddato per sempre il suo tenero animo.
Secondo la leggenda, Inverno sarebbe stato condannato a vivere in quelle condizioni finché non avrebbe di nuovo rincontrato gli occhi dell’amata. Solo allora, Uanchy e la sua incantevole valle sarebbero state finalmente libere dall’attanagliante morsa di gelo.
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Così, a Uanchy, ogni volta che una ragazza compiva diciott’anni, il padre, o un altro familiare maschio, l’accompagnava presso la fredda caverna di Inverno. La speranza era che questo, nell’incontrare lo sguardo della fanciulla, riconoscesse gli occhi della donna amata, così da sciogliere il suo insensibile cuore.
Tuttavia, in oltre mille anni, nessuna giovane era mai riuscita a rompere l’incantesimo e la vallata continuava ad essere ricoperta dal freddo manto artico.
Gli abitanti sembravano ormai rassegnati a quella vita fra le intemperie, fino a che, la mattina di un giorno apparentemente anonimo, tutto cambiò.
Era l’alba del 20 marzo, quando una donna, destata dal pianto del figlio, sbirciò fuori dalla finestra, mentre era intenta ad allattare il poppante.
Con sua grande sorpresa, l’incessante buio aveva lasciato spazio a timidi raggi solari che, con discrezione, stavano bucando lo strato di nubi sempre più rado.
Pervasa da un senso di stupore e gioia, la premurosa madre andò a svegliare il marito e poi tutti i residenti di Uanchy.
La piccola folla, riunitasi ai lati dell’unica strada che conduceva alla chiesina del paese, non poteva credere ai suoi occhi. Una meravigliosa fanciulla, dai lunghi capelli corvini, camminava leggiadra, facendo scivolare il suo ampio mantello, decorato con un motivo BOTANICO, sui fili d’erba, i quali, con determinazione, stavano trapassando lo spesso manto di neve che, per anni, aveva sepolto i verdeggianti campi della vallata.
Al suo passaggio, sbocciavano fiori di ogni colore: viole, primule, margherite, mughetti, punteggiavano gli sconfinati prati della montagna, trasformandoli in un immenso arcobaleno.
La fanciulla, allora, si diresse verso la caverna che, per molto tempo, aveva ospitato Inverno. Quest’ultimo, appena la vide, sciolse il gelo in cui era avvolto il suo cuore in un caloroso sorriso. Finalmente, la prima e unica donna che avesse mai amato era di nuovo lì, accanto a lui, per insegnarle di quali poteri è capace il vero amore.
Da quel giorno, gli abitanti di Uanchy chiamarono quell’incantevole ragazza con il nome di Prima Vera.