Messia

11° settimana: HAWK/FALCO

Solo un pugnetto di riso e un secchio di acqua piovana: la sua razione settimanale, per accaparrarsi la quale aveva sfidato i primi temporali estivi e la pioggia di granate che colorava di rosso un cielo ormai smunto. Poi per Sanija ci sarebbero stati solo fiori e bacche, con cui nutrire il suo stomaco sempre più contrito.

Aveva perso tutto. Era successo così in fretta che non aveva nemmeno avuto il tempo di salutarli; di dire addio ai suo uomini.

Suo marito lo avevano ucciso lì, davanti ai suoi occhi disperati. Gli avevano reciso la gola quasi fosse un maiale; solo perché pregava un Dio diverso dal loro.

I suoi ragazzi, invece. Se li erano portati via, caricandoli come carne da macello su una putrida camionetta recante lo stemma della Republika Srpska.

Da allora non aveva più avuto loro notizie.

Sanija si limitava a sopravvivere, rifugiandosi alle pendici del monte Bjelasnica.

Solo talvolta si avventurava sulla via di Sarajevo, speranzosa di riconoscere in qualche volto quello dei suoi figli. Ormai erano passati quasi tre anni dall’ultima volta che li aveva visti e non era neanche sicura che li avesse riconosciuti.

Doveva scrutare più con il cuore che con lo sguardo, in quel marasma di persone oramai stremate.

Ogni volta che lasciava la città, puntualmente orfana dei suoi ragazzi, Sanija si addentrava nelle valli boscose incurante dei cecchini che l’avrebbero potuta colpire. In fondo, quei mostri le avevano già tolto la vita, condannandola a trascorrere il resto dei suoi giorni in un corpo privo di anima. Solo perché bosgnacca.

Ogni passo percorso sugli irti sentieri era accompagnato dallo stridere di un FALCO. E allora nella donna, fiera custode della cultura fatalista dell’est, tornava la speranza: magari il messaggero di Apollo aveva per lei una buona novella.

Forse, quella bestiola voleva annunciarle il ritorno di Edin o Zoran!

E allora correva; correva a perdifiato fino al suo paesino, trascurando di seminare sul terreno preziosi chicchi di riso.

Ma ogni volta che, trafelata, apriva l’uscio di casa, davanti a lei uno spettrale deserto, irrigato solo dalle copiose lacrime che scendevano dai suoi stanchi occhi.

Fino alla fine dei giorni.

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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