Che cos’è che ci fa sentire vivi?
Questa è la domanda che ha dato linfa alla nostra riflessione, in occasione della seconda edizione del progetto “Orientylife“. Una domanda difficile, scomoda. Ma più che mai essenziale; uno di quegli interrogativi che ci tiene svegli la notte, orfani del sonno ma stracolmi di sogni.
Sogni che ragazzi di vent’anni hanno il diritto e il dovere di coltivare, d’inseguire… a qualsiasi costo. Soprattutto se questi giovanotti, ancora sul filo del rasoio fra l’età adulta e l’adolescenza, vivono in luoghi magnifici, ameni, ma talvolta troppo stretti e ristretti per i loro anni… anni in cui il mondo lo senti esplodere fra le mani, quasi fosse l’impercettibile scia di una cometa.
Tuttavia, i ragazzi e le ragazze di Asso, Rezzago e Sormano hanno avuto una fortuna impareggiabile. Quella di trovare sul loro cammino una guida, anzi due: Damiano e don Walter. Pastori straordinari, sempre pronti a prendersi cura di loro, delle loro fragilità e incertezze.
Incertezze, appunto. In una tiepida serata di fine marzo, ho avuto l’onore di condividere con voi importanti e delicati aspetti della mia esistenza e della mia condizione di disabilità, i quali sono stati un forte sprono per la stesura del mio primo romanzo, “L’inferno dentro i suoi occhi“. Mi sono messa a nudo, cercando, nel mio piccolo, di trasmettere l’amore per la Vita, in ogni sua forma e sfaccettatura, consapevole di quanto, soprattutto alla vostra età, possa sembrare (e spesso lo è) bastarda.
Ma nulla di quello che ho provato a trasmettervi è valso ciò che voi, ragazzi del progetto “Orientylife”, mi avete dato. Ho percepito i vostri sguardi attenti e la vostra predisposizione a mettervi in gioco, a dialogare con gli altri e con voi stessi… e, credetemi, tutto questo non è affatto scontato alla vostra età!
Dunque, volevo ringraziare Damiano, don Walter e le suore di Rezzago che hanno ospitato l’incontro. Ma, soprattutto, volevo dire grazie a voi, ragazzi, e augurarvi di provare lo straordinario brivido di sentirvi disorientati per poi trovare ognuno la propria bussola.
Per aspera ad astra…