In occasione dell’ultima puntata di “Natale nel mondo“, una doppia intervista speciale! Nonno Anselmo e Nonno Adolfo ci porteranno indietro nel tempo, facendoci scoprire le tradizioni natalizie brianzole e malenche degli anni Quaranta!
1) Innanzitutto, nella tradizione brianzola/malenca, chi portava i regali nella notte di Natale? Babbo Natale o Gesù Bambino? Qual è, nel tuo dialetto, il loro nome?
NONNO ANSELMO – Negli anni 40/50, quando io ero bambino, Babbo Natale stava ancora nelle steppe russe a scavare ghiaccioli e rincorrere renne. I doni li portava (quando andava bene) Gesù Bambino con un asinello caricato di un’enorme quantità di regali, che venivano distribuirti ai bambini buoni. A quelli cattivi solitamente non portava niente di quello che gli avevano chiesto. Solo negli anni 60/70 iniziò a portare loro del carbone.
I genitori ci invitavano a mettere sul davanzale della finestra (ul scos de la finestra)dell’acqua e del fieno per rifocillare l’asinello; poi andavamo subito a dormire perché Gesù Bambino non voleva farsi vedere da nessuno. Il giorno di Natale ci svegliavamo di buonora e andavamo a vedere se l’asinello e Gesù Bambino avevano gradito il fieno e l’acqua e soprattutto se quest’ultimo aveva lasciato i doni richiesti.
Nel dialetto brianzolo, il loro nome è ul Bambìn Gesőe cùn l’asnin.
NONNO ADOLFO – Era Gesù Bambino a portarci i regali. Quando ero piccolo, negli anni 40/50, Babbo Natale non esisteva ancora, almeno per noi bambini della Valmalenco.
Poiché anche noi più piccoli parlavamo solo in dialetto, Gesù Bambino lo chiamavamo Gesǜ Bambìn.
2) Quando eri bambino, cosa chiedevi per Natale? In che modo comunicavi a Gesù Bambino le tue richieste?
NONNO ANSELMO – A Gesù Bambino scrivevo letterine con le richieste di regali che i miei genitori si incaricavano di recapitare: una specie di lista dei sogni che svanivano il giorno di Natale. Chiedevo dei giocattoli e della frutta che ai miei tempi e con le finanze dei miei genitori era considerata esotica; arance, mandarini, mandorle, qualche libro colorato, etc.
NONNO ADOLFO – Chiedevo a Gesù Bambino di portarmi un bel panino con il salame, perché avevamo sempre fame! I genitori ci mettevano una scodella (él ciapél) sul camino e noi bambini trovavamo tutti i regali lì dentro. Io e i miei fratelli non scrivevamo la letterina.
3) Venivi sempre accontentato?
NONNO ANSELMO – Quasi mai! Natale è sempre stato per me una delusione. Quasi mai ottenevo quello richiesto. Le mie letterine non erano scritte male ma a volte mi veniva il dubbio che Gesù Bambino non riuscisse a leggerle.
NONNO ADOLFO – Altroché! Invece del panino con il salame, trovavo una noce, un mandarino e qualche volta un cioccolatino. In qualche occasione, Gesù Bambino ci portava una tortina o i malùns (popcorn).
4) Sul piano religioso, come si svolgevano, quando eri piccolo, le celebrazioni natalizie?
NONNO ANSELMO – Prima del lieto evento natalizio, con il fine di preparare lo spirito in modo adeguato, tutti in Chiesa per la novena di Natale. Nove giorni di preghiere e buoni propositi che iniziavano molto presto al mattino con levatacce. Nei giorni precedenti il Natale, i ragazzi aiutavamo le mamme a preparare il presepe: andavano nei boschi a raccogliere la piüma (il muschio con il quale costruire il tappeto per le antiche preziose statuette di gesso o terracotta). A volte qualche statuetta cadeva e si frantumava con relativa incazzatura delle mamme subito seguita da una certa dose di “natalizie” sberle. Terminato il lavoro per preparare il presepe, a volte i ragazzi più grandicelli si riunivano nelle stalle per intonare canti da eseguire in Chiesa alle funzioni religiose natalizie.
Nella notte di Natale gli adulti insonnoliti e mezzo congelati andavano ad ascoltare la lunga Messa solenne di mezzanotte che durava circa due ore. Al termine, tornati a casa, prima di coricarsi si mangiavano una scodella di fumante büseca (trippa) e poi tutti a letto perché il mattino di Natale dovevano dare una mano alle donne per preparare il pranzo. I ragazzi non partecipavano alla Messa di mezzanotte perché erano tutti a letto in attesa di Gesù Bambino o, meglio, dei regali del Bambìn.
NONNO ADOLFO – La notte di Natale, anche noi bambini andavamo alla solenne Messa di mezzanotte. Raggiungevamo la chiesina di corsa, anche perché fuori faceva veramente molto freddo. Andavamo a piedi in mezzo la neve; noi piccoli seguivamo i nostri genitori in rigoroso silenzio. Di ritorno dalla messa andavamo a dormire.
5) Nelle case e per le strade, durante il periodo festivo, c’erano addobbi natalizi? Quali?
NONNO ANSELMO – Nelle case si allestivano i presepi: tutte le famiglie possedevano delle bellissime statuine di gesso, terracotta o altro materiale tramandate da generazioni. Poche le famiglie che facevano l’albero, il quale veniva addobbato con alcune palle di vetro e molta frutta; mandarini, arance, sacchetti di nocciole, noci ecc. Al massimo sulla cima si metteva una stella cometa di vetro. Nelle strade e sulle case nessun addobbo né luci, ai miei tempi non esistevano neanche le strade con i punti luce, quindi, sarebbe stato difficile avere luminarie in giro per il paese.
NONNO ADOLFO – Per strada non c’erano né addobbi né luci; però erano tutte innevate e noi bambini ci divertivamo a giocare con la slitta. Abitando in un paesino, Chiesa in Valmalenco, di poche case, non c’erano nemmeno candele o altre decorazioni alle finestre. Non c’era niente di niente.
6) Qual era il canto natalizio più popolare?
NONNO ANSELMO – “Le ruva stu Sont Natal l’è una festa in general, a la matina un büsechïn cunt un bücer de vïn, al mesdï un risutel cun un tòc de capunscël, a la bàs fem quater pas, a la sira vergöt de bön, pö vem in lëc a tumburlön, vegnar ò ul prïm de l’on creparëm tüc de fom”.
NONNO ADOLFO – “Piva piva l’őli d’ȕliva…”.
7) Veniamo alle tradizioni culinarie. Qual era il piatto tipico che non poteva mancare in tavola durante il pranzo natalizio brianzolo/malenco?
NONNO ANSELMO – Il piatto natalizio tipico era ul capòn ripiee. Ul ripieeera una specie di impasto fatto con vari ingredienti: interiora del capòn tritate, uova, pane, formaggio grattugiato, amaretti, pinoli e uva passa. Le interiora si facevano friggere a parte poi si aggiungevano all’impasto con tutti gli altri ingredienti; quindi, con l’impasto si riempiva lo stomaco del pollo che poi si cuciva e si metteva nel forno a cuocere.
NONNO ADOLFO – A Natale, e solo a Natale, mangiavamo il lesso cucinato da mia mamma Natalina… era buonissimo! Lo mangiavamo con le patate, cotte con la buccia, e poi bevevamo il brodo del lesso.
8) Hai a cuore una particolare tradizione natalizia che vuoi raccontare?
NONNO ANSELMO – Era usanza prendere un ramoscello di alloro benedetto, bruciarlo sul camino, inumidire le mani sul fumo e passarle ripetutamente sugli occhi, si diceva che in tal modo si preservasse la vista dalle malattie. L’alloro veniva benedetto alla Messa di mezzanotte dal prete, portato a casa e usato in tal modo per chiedere la protezione della vista per tutti i componenti della famiglia.
Un’altra usanza a me cara era l’omaggio degli zampognari che, a volte, alla Vigilia di Natale, passavano per le strade suonando nenie e canzoni natalizie per la gioia di quelli che li ascoltavano.
NONNO ADOLFO – Ricordo con piacere che il giorno di Natale, dopo pranzo, giocavo con le mie cugine e le mie sorelle all’aperto. Si giocava a palle di neve, tanto per fare qualcosa di diverso e divertente.
Sperando con queste interviste di aver arricchito il vostro bagaglio culturale e soddisfatto alcune curiosità, non mi resta che augurarvi un sereno e gioioso Natale!
Vi ringrazio per l’attenzione che dedicate a “Parole, al limite”,
Silvia