Mondo capovolto

Vista (Lago di Resia)

Aprii gli occhi, sfiorandomi delicatamente la fronte. Mi scoppiava la testa.

A fatica, misi a fuoco la realtà intorno a me, perdendomi nei granelli di sabbia che erano stati il mio letto. Dieci, venti, cento, mille, un milione, due miliardi; non tenni il conto. Una lingua di terra, sottile prolungamento degli enormi massi adagiati dietro la mia schiena, simili a scogli, si faceva largo fra le calme acque, quasi a voler creare un pertugio tendente all’infinito.

Ma come c’ero finita al mare? Non ricordavo.

Mi alzai per osservare meglio. Qualcosa non quadrava.

Avvicinandomi alla riva, nessuna onda a increspare la cresta marina. Anzi, il suo mantello era completamente piatto, addirittura immobile. A ben vedere, una strana e ingombrante ombra oscurava la superficie dell’acqua, quasi fosse un enorme specchio.

Mi stropicciai gli occhi. Quella sagoma non mi era nuova. Nonostante il mio cervello si rifiutasse di unire le informazioni, tra loro agli antipodi per formale un binomio reale, i miei occhi riconobbero all’istante la bizzarra forma del riflesso: un monte.

Come poteva essere che una montagna si tuffasse nelle acque del mare?

Sempre più confusa, scrutai l’immagine proiettata, capovolgendomi a testa in giù per facilitare il compito alla retina. Fu solo allora che lo notai. La punta di un campanile interrompeva le creste frastagliate di quel roccioso.

Alzai lo sguardo verso il cielo, ma non vidi niente. Nessuna punta di cemento, nessuna campana, e nemmeno l’ombra di una chiesa. Eppure io il campanile lo avevo scorto.

Solo quando il sole mi costrinse a riabbassare la vista mi resi conto. Fiero e imperterrito bucava le acque, mostrandosi al mondo quale unico testimone del tempo che fu. Probabilmente, quel sacro edificio rappresentava l’ultimo superstite di un villaggio ingoiato dall’acqua.

Ma che fine avevano fatto i suoi abitanti?

Mentre me lo chiedevo, intravidi la superficie incresparsi. In un istante, dagli abissi emerse un cagnolino, il quale correva sulla riva per poi scomparire nuovamente. Non portando il peso dei suoi anni, probabilmente era l’angelo custode di quelle terre sommerse.

Esausta, mi accasciai sulla sabbia. In che strano mondo ero approdata?

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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