L’EDUCATORE CINOFILO RISPONDE

Per la rubrica “Parola all’esperto“, un’interessante intervista a Luca Donghi, educatore cinofilo. Luca ci aiuterà ad addentrarci nel magnifico mondo della cinofilia, le cui conoscenze sono essenziali per la costruzione di un sano rapporto con il nostro amico a quattro zampe.

1) Cosa ti ha spinto a intraprendere il percorso di educatore cinofilo?

Tutto è iniziato in canile: vedevo questi cani che da casa venivano abbandonati perché problematici. Ci si dedicava alla loro cura e ho iniziato a ragionare che sarebbe stato meglio poter intervenire prima evitando loro l’abbandono.

2) Hai avuto difficoltà ad approcciarti al linguaggio tecnico del mondo cinofilo?

La difficoltà più grande è stata non tanto il linguaggio cinotecnico durante i vari corsi, quanto la trasposizione della pratica in teoria. Alcuni lavori erano maturati nel tempo, acquisendo informazioni dove possibile. Si frequentava campi di addestramento o centri di protezione civile ma le informazioni erano centellinate come a proteggere dei segreti: come capita in ogni settore c’è chi è geloso del proprio sapere e chi trae giovamento dalla condivisione.

3) Qual è la “missione” dell’educatore cinofilo?

Secondo me non esiste “la missione” dell’educatore cinofilo. Ognuno di noi ha una motivazione personale che lo ha spinto verso il mondo dell’educazione e dell’addestramento. Sarebbe auspicabile che a muovere tutto ci sia sempre la passione e la coscienza. Tuttavia, ahimè, il lavoro dell’educatore ha avuto un incremento esponenziale con il conseguente abbassamento della qualità del servizio. Bisogna ricordarsi sempre che la “gavetta” non va denigrata perché, così almeno mi è stato insegnato, prima impari a curare il cane poi a lavorarci .

4) Veniamo all’importanza delle parole nelle professioni cinofile. Che peso ha, secondo la tua esperienza, una corretta comunicazione cane-padrone sulla relazione con l’animale?

La comunicazione tra cane e padrone è fondamentale per instaurare una relazione sana ed appagante per entrambi. Qui l’educatore esperto gioca un ruolo fondamentale perché deve far sentire a suo agio la “coppia”, indicando come e dove cogliere le richieste del cane e come assecondarle per proseguire nella costruzione di una base solida per una relazione sana e duratura, insegnando alla componente umana come muoversi nello spazio a disposizione e le gestualità corrette.

5) Sommariamente, come funziona l’apprendimento nel cane? In particolare, in che modo il nostro amico a quattro zampe associa una determinata parola a un determinato comando?

L’apprendimento del cane sfrutta quelli che sono dei semplici condizionamenti. Perciò si può confermare un comportamento naturale rinforzandolo e dandogli un nome o costruirne uno rinforzando per approssimazione. Personalmente sposo molto il lavoro in cognitivo nei primi mesi, così da instaurare le basi per pazienza e collaborazione tramite giochi.

6) Quanto conta, nella comunicazione con l’animale, il tono di voce utilizzato dal padrone? Quale dovrebbe essere, se c’è, il tono più corretto per approcciarsi a un cane?

Nella comunicazione con il nostro cane il tono gioca un ruolo fondamentale. Questo implica che noi umani dobbiamo dosare le nostre emotività e le nostre frustrazioni parlando con tono calmo, fermo, e per favore, ad un volume ragionevole con il cane che imparerà a seguirci evitando episodi sgradevoli.

7) Come funziona, a grandi linee, la comunicazione fra cani?

⁠La comunicazione fra cani è da sempre argomento di controversia in cinofilia. C’è chi sposa le teorie di Turid Rugas che ha osservato per anni diversi cani comunicare e chi invece sposa la versione in cui sono scemenze e non scientificamente provate. Personalmente penso che, come in tutte le cose, la verità stia nel mezzo e deve essere contestualizzata ed interpretata essendo comunque la comunicazione inficiata da fattori ambientali, addestrativi, e di memoria di razza oltre che di selezione.

8) Quando il cane viene sgridato o elogiato sviluppa stati emozionali?

⁠Le emozioni del cane sono molto simili a quelle di un bambino nei suoi primi anni d’età. Il cane è quindi in grado di provare emozioni primarie come fedeltà, affetto, rabbia, amore, tristezza, sollievo e frustrazione. Quello che noi chiamiamo “senso di colpa” è piuttosto una reazione al tono di disapprovazione utilizzato.

9) Quali sono le modalità e i comportamenti con cui il cane ci manifesta le sue emozioni? Se ti è più semplice, descrivili attraverso qualche esempio…

A tutti è capitato di vedere il cane riconoscere il rumore dei passi del padrone dietro la porta e scodinzolare. Si tratta di memoria affettiva e ritengo sia riconducibile ad un sentimento di affetto.

10) Quali sono le maggiori difficoltà comunicative che tu, in qualità di educatore cinofilo, hai riscontrato nel rapporto non con i cani ma con i loro padroni?

⁠Il problema più grande sta nel trovare il canale comunicativo corretto per non far sentire la persona in difetto per delle “mancanze” fatte con le migliori intenzioni e smontare pregiudizi e credenze dettate dalla televisione che, spesso, tratta argomenti delicati a spanne per stare nei tempi o per creare audience. Sostanzialmente lavorare con una persona implica sensibilità ed empatia. Bisogna delicatamente ed educatamente proporre cambi graduali nelle regole familiari senza stravolgere il mondo di chi stai aiutando, trovando soluzioni per le varie problematiche e far vedere sempre il positivo .

11) Che ruolo e che importanza ricopre, nella relazione cane-umano, il linguaggio non verbale, come ad esempio coccole, occhiatacce, baci, ecc.?

⁠La comunicazione non verbale è fondamentale come la sua antagonista (quella verbale). Se il nostro corpo dice “no” ma la voce dice “sì” il nostro ausiliario si troverà in una situazione di contrasto ed il cane, come animale routinario, troverà difficoltà in queste situazioni. Dunque, risponderà secondo quanto il suo profilo caratteriale gli permette, con atteggiamenti più o meno complessi e fastidiosi

12) Ti senti di aggiungere altro riguardo il ruolo delle parole nella tua professione?

⁠Diverse volte in questa intervista mi son permesso di descrivere come fondamentale quasi ogni aspetto ma, purtroppo, la verità è questa. Lavoro con soggetti che per seguire e compiacere i loro umani devono correre più veloci di quanto possano realmente fare, ed in questa corsa devono leggere tra le righe coloro che dovrebbero essere invece guide propositive e positive. Penso che la parte più bella del mio lavoro sia proprio la possibilità di entrare in contatto con questi animali per aiutarli ad esser capiti, a costruire qualcosa che resterà per sempre indelebile nel cuore del loro “padrone”. 

Grazie Silvia per la possibilità di aver raccontare ciò che ogni giorno mi fa alzare con il sorriso non solo sul viso ma soprattutto nel cuore!

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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