Eccoci alla puntata inaugurale del macro-tema, la comunicazione in ambito socio-educativo. che occuperà le prossime puntate di “Parola all’esperto“. Oggi Veronica Perna, insegnante della scuola dell’infanzia/asilo nido (e mia educatrice all’elementari), ci svelerà alcuni trucchi con cui si approccia ai suoi piccoli alunni.
Una precisazione, prima d’iniziare: la domanda posta dai lettori, tra quelle pervenutemi, l’ho fatta scegliere, come farò in futuro, direttamente all’esperto… W la Democrazia!
Buona lettura!

1) Cosa ti ha spinta a intraprendere il percorso di insegnante della scuola dell’infanzia/asilo nido?

Se provo a pensare a cosa mi ha spinta a diventare un’insegnante, non ho una risposta precisa. Ho sempre saputo, sin da piccola, che sarebbe stato il mio lavoro. Adoro da sempre i bambini, le loro immense capacità di apprendere e di stupire, il loro saper donare amore gratuito. Credo che, come per altre professioni (educatori, medici), alla base ci sia una predisposizione innata… Più di tutte l’empatia!
2) Qual è, a tuo parere, la “missione” dell’insegnante?
Secondo me, che lavoro con bambini di due anni, la principale missione è far conoscere al bambino un mondo nuovo, totalmente diverso dal solo mondo che ha imparato a conoscere fino ad ora, cioè la famiglia. Al nido, in sezione primavera e poi alla materna, esistono regole comunitarie che sono, per ovvi motivi, totalmente differenti da quelle che il bambino vive quotidianamente tra le mura domestiche.
Si apprendono le prime regole della socialità (non esisto solo io!), viene stimolata l’autonomia (imparo a mettere la bavaglia, le ciabatte, a mangiare da solo), la capacità di ascolto, la creatività (gioco libero, manipolazione di vari materiali, travasi), le capacità motorie (psicomotricità, imparo a conoscere il mio corpo). Tutto ciò all’asilo viene potenziato dal fatto che i bambini vivono a contatto con altri coetanei, che stimolano a crescere, si imitano tra loro. Noi insegnanti li accompagniamo in questo meraviglioso mondo di scoperta.
3) Veniamo all’importanza delle parole nella professione di insegnante. Come si coniugano, per te, i termini, e quindi i concetti, di “istruire” e “educare”?
C’è una grande differenza tra educare ed istruire.
L’istruzione è più un trasmettere nozioni, concetti. Educare, invece, significa “tirare fuori” qualcosa che il bambino ha già dentro di sé.
Nelle scuole dell’infanzia ovviamente prevale l’aspetto educativo rispetto a quello dell’istruzione, che è più un compito delle scuole di grado superiore. Ovviamente questi due concetti dovrebbero andare il più possibile di pari passo per un’ottimale crescita dei bambini, anche se purtroppo, soprattutto nelle scuole primarie e secondarie, il senso educativo si va a perdere sempre di più, con il risultato di una semplice “lezione da imparare”, senza nessuna accezione emotiva o creativa.
4) Molto spesso, soprattutto per i primi anni di vita, sentiamo parlare di “tappe dello sviluppo”. Quanto è importante, invece, rispettare i tempi di crescita di ciascun bambino?
Il rispetto dei tempi di crescita di ciascun bambino è imprescindibile e necessario.
La scuola dell’infanzia ha degli obiettivi standard a cui aspira a portare tutti i bambini, ma avere rispetto dei tempi di ogni bambino permette di raggiungerli senza costrizioni, in armonia. Siamo esseri umani, non macchine programmate! Ognuno ha le proprie competenze, la propria emotività e le proprie capacità. Sta a noi insegnanti saper aspettare e continuare a stimolare, affinché ciascuno possa progredire nello sviluppo.
5) Alla scuola dell’infanzia e all’asilo nido, qual è la principale forma di comunicazione fra insegnante e bambino?
Tra insegnante e bambino c’è sia una comunicazione verbale sia non verbale. Quella verbale racchiude parole, canzoni, frasi, ovviamente utilizzando un linguaggio semplice, di facile comprensione e una tonalità il più possibile chiara e dolce. Importantissima la comunicazione non verbale fatta di gesti, espressioni facciali, contatto visivo, contatto fisico e suoni vocali. I bambini apprendono molto prima ad utilizzare il linguaggio del corpo rispetto la parola e noi insegnanti capiamo molto di un bambino in base a come si comporta, a come si muove in un ambiente, se si sente a suo agio…
E per loro è lo stesso: ci osservano, ci guardano curiosi quando parliamo o quando prepariamo le attività. È uno scambio continuo!
6) E quella fra bambini?
Tra bambini vale la stessa cosa. Ovviamente dipende dalla fascia di età. In bimbi fino ai 24 mesi, dove il linguaggio verbale non si è ancora evoluto appieno, viene utilizzato molto il corpo, la gestualità, gli sguardi. Emettono vocalizzi sonori, urla e qualche parola. Sono molto fisici.
I bambini sopra i due anni chiacchierano molto tra loro. Cantano, inventano storie e giochi di ruolo, sanno giocare in gruppo e decidere tra loro le regole.
7) Cosa rappresenta il gioco per il bambino? Che importanza ha il gioco libero?

Il gioco per il bambino è fondamentale! È il suo metodo innato per esprimersi, per utilizzare la fantasia e creatività. Giocando sperimenta e scopre, sviluppa le sue capacità cognitive, manuali e fisiche.
Tipico dei bambini è il “gioco simbolico”: il far finta di… essere un animale, una mamma, un dottore, un poliziotto. Può scegliere di essere ciò che vuole e fare come vuole. Mentre gioca il bambino crea rapporti con i suoi coetanei, sperimenta emozioni, abilità e frustrazioni. Impara divertendosi!
8) Oltre a valorizzare la libertà di ogni bambino, è importante, già così piccoli, trasmettere loro delle regole di convivenza. In che modo, in qualità d’insegnate della scuola dell’infanzia, fai capire e rispettare le regole?
Fondamentale per l’acquisizione delle regole è la routine. Quando il bambino viene inserito in un ambiente nuovo, diverso da quello familiare, è importante e rassicurante per lui/lei che ci siano dei rituali che si ripetono ogni giorno nella medesima sequenza: arrivo all’asilo-mi cambio le scarpe-gioco con i miei compagni-appello-lettura libri-mangio la frutta-attività-mi cambio il patello e lavo le manine-pranzo con i miei compagni-faccio la nanna-arriva la mamma a prendermi. Questa routine, oltre a rassicurare il bambino, permette a lui/lei di interiorizzare le regole e la scansione della giornata. Le regole comunitarie si apprendono giorno dopo giorno, il bambino dovrà imparare che non ha l’esclusiva come a casa nel rapporto con la mamma. Con semplici parole, gesti, con l’esempio ma anche con rimproveri, impara e interiorizza le prime regole del vivere in comunità (a rispettare il proprio turno, stare seduti a tavola, riordinare l’aula, condividere i giochi).
9) Che importanza ricopre, per e con bambini di pochi anni, la comunicazione non verbale?
La comunicazione non verbale è fondamentale e molto più efficace di quella verbale. Comprende gesti, sguardi, espressioni del viso, postura del corpo e senza parlare ci si scambia messaggi, informazioni e consegne. Lo sguardo è uno degli strumenti non verbali più potenti: uno sguardo dolce, oppure uno sguardo duro di rimprovero. Nei bimbi e con i bimbi in cui l’uso della parola non è ancora stato affinato, questo tipo di comunicazione ricopre un ruolo significativo.
10) Si parla sempre di inclusione. Secondo te, ad oggi, si può dire raggiunta? In che modo si cerca di concretizzarla nel contesto della scuola dell’infanzia?
Nonostante negli ultimi anni ci sia stato un grande passo avanti, non sempre si riesce a raggiungere un ottimo livello di inclusione. Questo dipende da vari fattori: ad esempio, le ore di sostegno che vengono assegnate. Non sempre sono sufficienti a garantire un affiancamento per tutto l’orario scolastico. Poi ci sono bambini che hanno appuntamenti settimanali con specialisti, neuropsicomotricisti, assistenti sociali e quindi perdono molte ore di asilo.
Ciò nonostante, per quanto riguarda la mia esperienza, collaborando con la famiglia , con tutto il team docenti e gli specialisti, siamo riusciti a garantire un buon livello di presenza a scuola e un buon inserimento nella classe.
11) In ultimo, un tasto dolente: la comunicazione insegnante-gentori. Trovi difficoltà, in generali, ad approcciarti ai genitori dei tuoi alunni? Se sì, quali sono i maggiori ostacoli?
Alla base del rapporto genitori-insegnanti ci deve essere fiducia. Loro ci affidano i loro bambini che trascorrono con noi molte ore al giorno. Quindi fiducia e chiarezza sono imprescindibili. Ho la fortuna di avere una personalità solare e diretta, mi piace essere chiara e sincera con i genitori e loro apprezzano molto. Si sentono accolti nelle loro richieste, ascoltati nelle loro perplessità e per me è lo stesso. Questo permette che non ci siano malintesi e di instaurare quindi un buon rapporto di reciprocità. E chi ne beneficia è sicuramente il bambino!
12) DOMANDA DEI LETTORI: Quali metodi usi per favorire l’apprendimento e la curiosità nei bambini?
Credo che un ruolo fondamentale dell’educatore o insegnante sia fornire “esperienze”. Uscire un po’ dagli schemi delle programmazioni e fornire ai bambini materiali destrutturati con cui stimolare la creatività, farli uscire all’aperto, osservare ciò che li circonda partendo dalle cose più semplici. Ma anche favorire gesti di gentilezza e cura dando il buon esempio; proporre attività e giochi seguendo i loro interessi. Si può prendere spunto per le attività da una semplice chiacchierata con loro. Fondamentale è divertirsi con loro!
I bambini “respirano” l’entusiasmo che le insegnanti mettono in gioco! Anche la lettura di un semplice libro si può trasformare in un momento di stupore: leggendo al buio illuminati da una torcia, facendo parlare i personaggi con tante voci diverse, gesticolando ed esagerando nell’enfasi del racconto. Tutto può essere esperienza e tutto può diventare strumento di apprendimento!

13) Ti senti di aggiungere altro riguardo il ruolo delle parole nella tua professione?
Vorrei solo aggiungere che mi sento molto fortunata e privilegiata nel poter svolgere questo tipo di lavoro. È impegnativo, sempre in evoluzione, ma tutto viene ripagato dall’affetto, dai sorrisi, dagli abbracci, dalle buffe parole dolci che queste piccole pesti sanno regalare!