42° settimana: REMOVE/RIMUOVERE
Mi fermo davanti alla sua lapide fredda, gelida come il mio cuore. Anche quest’anno, come ogni 2 novembre, la mamma mi ha costretta a venire a trovarlo, a portargli i miei omaggi.
Resto immobile, tre passi indietro mia madre che, a distanza di sei anni, ha ancora la forza e il coraggio di piangere quel mostro. Suo marito, mio padre.
Al suo cospetto, nessuna lacrima bagna il mio viso; nessuna emozione oscura il mio sguardo. Tutto quello che mi resta di lui è solo un ricordo ingiallito. Con il tempo e il duro sforzo sono riuscita a RIMUOVERE tutto. O quasi.
L’unico ricordo di lui che ancora mi tormenta è la sua voce, delicata mentre mi sussurrava all’orecchio quant’era felice di avere una figlia femmina.
Protetto dal buio della notte, e dalla comoda omertà di sua moglie, s’infilava nel mio letto e vi passava le ore. Non una ninnananna né una favola raccontata a fil di voce.
Raggomitolata su me stessa facevo finta di dormire, cercando di estraniarmi dalla mia cameretta e persino dal mio stesso corpo. Evitavo di guardare in faccia quel mostro travestito da mio padre. Non poteva essere lui, mi convincevo.
E allora, di notte, la mia mente rincorreva spiriti e fantasmi cercando di riconoscere in uno di loro il volto di colui che la sera prima mi aveva fatto visita. Ma solo quando scendevo in cucina a far colazione lo ritrovavo. Lo rinvenivo lì, seduto, davanti a me puntualmente intento a elogiare il bel corpo di mia madre, la quale, giuliva, lo ricambiava con un bacio. A me, nessuno sguardo era riservato.
Una folata di vento mi distrae dai miei ricordi. Ritorno alla realtà, comunque migliore del passato. Guardo la mamma raccolta in preghiera. Non sento niente, non manifesto nulla. La festa dei morti per me è un giorno come un altro, anzi il giorno della mia liberazione.