
Le farfalle di Sarajevo
Le ostilità non potranno durare più di qualche settimana, la tempesta passerà. Ma la tempesta non passa e l’assedio chiude Sarajevo in una morsa. I suoi abitanti rimangono senza comunicazioni, senza luce, senz’acqua, senza medicine: dalle colline attorno la città viene bombardata, spazzata dai cecchini, martoriata. Muoiono a migliaia; le lapidi, bianche, sottili, riempiono ogni angolo, prato, cortile. Spariscono giorno dopo giorno gli alberi e gli uccelli.
Nel palazzo squarciato dalle esplosioni in cui Zora vive ormai sola, si è formata una vera e propria comunità di fratelli e sorelle d’anima che si appoggiano gli uni agli altri, affrontano insieme il loro mondo che si sta disintegrando, si reinventano di nuovo e poi ancora, nel tentativo di non perdere la propria umanità. Tutto ciò che Zora e i suoi amici hanno di più caro viene distrutto, esposto allo scempio dalla crescente violenza degli assalitori: al posto delle rondini nel cielo di Sarajevo volteggia la cenere, uno sciame di farfalle nere. Eppure, dopo che si è perso tutto, lì, può esserci ancora straordinaria bellezza.
Aneddoti personali
Con la recensione di “Le farfalle di Sarajevo” si conclude il mese di approfondimento sulla guerra in ex Jugoslavia. Percorso che, spero, essere stato lo spunto per un incentivo ad una maggiore documentazione individuale su questa importante pagina di Storia, che ancora oggi getta la sua ombra sugli equilibri internazionali.
Ho letto il romanzo di Priscilla Morris in una manciata di giorni, facendomi assorbire dai suoi racconti e rivedendo davanti ai miei occhi quella Sarajevo ancora ferita cui feci visita alcuni anni fa.
Recensione
“Le farfalle di Sarajevo” narra la storia di Zora, sarajevita di origine serba. Nonostante appartenga all’etnia serba, la stessa degli assalitori, Zora è una donna molto solidale; soprattutto con i vicini di casa con cui, durante l’assedio, stringerà un forte rapporto, indipendentemente dal loro gruppo di appartenenza. Rapporto che diventerà, ben presto, unica ragione di vita e di resilienza.
Zora, però, è prima di tutto un’artista, pronta a immolare la sua stessa vita pur di non rinunciare alla sua arte, quella figurativa, unico spiraglio di libertà.
“Le farfalle di Sarajevo”, a mio parere, è fonte d’importanti spunti. Come può la guerra modificare la propria umanità? Fin dove l’uomo è disposto a sacrificarsi pur di salvare il patrimonio culturale e artistico del suo popolo?
Conclusioni
Una delicatezza struggente…
Voto
Citazioni
Prendete anche me! Senza la sua arte lei non è niente