Impronte del passato

Vista (Trieste)

Piazza Unità d’Italia

Il tempo si è fermato. Immobile. Le lancette del grande orologio eretto di fronte alle onde porta con sé tracce del passato, trascinandosi lente secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Secolo dopo secolo.

Molo di Trieste

La città, retaggio di epoche lontane, le cui impronte si mostrano indelebili attraverso gli sguardi vitrei di statue che mi osservano.

Cammino lungo il molo, sino a scontrarmi con quelli che a prima vista sembrano mostri marini delle acque calme del Golfo di Trieste. Li osservo meglio; solo quando sono a un metro di distanza riconosco le inconfondibili sagome del Bersagliere e delle Ragazze triestine, fiere con in mano il tricolore. È ancora il 1918; lo sarà per sempre.

Li saluto timidamente. Mi inoltro nell’entroterra, lasciandomi il mare scintillante alle spalle. Questa volta, sono io a sentirmi osservata. Alzo gli occhi, immaginandomi statue che mi sorridono, appollaiate sui cornicioni dei palazzi. Forse non me le sto immaginando: pur nella loro staticità, sono vere. Alcune di esse, senza il minimo pudore, mostrano il loro sesso, orgogliose.

Sbircio e passo oltre, in quell’epicentro in cui la Storia sembra essersi fermata. Qualche metro più avanti scorgo un canale le cui acque, quasi fossero fonte battesimale, sgorgano da una chiesa sino a tuffarsi nell’accogliente mare. Sul ponticello, vedo un ometto passeggiare; mi avvicino, voglio informazioni.

Statua Joyce

Quando gli sono poco distante, noto il suo aspetto interamente bronzeo. Non è una persona; ancora una statua, questa volta dall’aspetto familiare. Attraverso la targa ai suoi piedi, si presenta: James Joyce. Anche se lui non può ricambiare, gli sorrido, memore delle ore di scuola trascorse in sua compagnia.

Statua D’Annunzio

Riprendo il cammino, affrettandomi quando, più in là, distinguo il contorno di una panchina. Finalmente riposo. La seduta è già occupata per metà da un intellettuale immerso nella lettura di un libro. Mi accosto, accorgendomi di essere al cospetto di Gabriele D’Annunzio che, con Saba e Svevo, si erge a guardiano della città e dei suoi fragili confini.

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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