25° settimana: KABOOM*
Sussultai nel buio, facendo cigolare le malconce molle della mia branda di ferro, ove, ormai da mesi, ero solita trascorrere lunghe notti insonni.
Guardando oltre le grate della finestrella della cella in cui ero rinchiusa, vidi una mostruosa lingua di fuoco propagarsi verso il cielo oscuro… KABOOM! Un’altra bomba era scoppiata, un altro palazzo in brandelli, altre vite spezzate.
Infatti, da quando erano tornati i talebani al potere, la mia Kabul non era più la stessa. L’insopportabile frastuono delle bombe che ricoprivano la città di una macabra pioggia avevano soppiantato la rassicurante melodia dei minareti . Il soave e familiare aroma del narghilè era stato sostituito dall’infimo puzzo di morte che infestava le vie cittadine.
Persino le abitudini erano cambiate. Anzi, è proprio per esse che adesso mi trovo qui, impotente ad osservare l’Afghanistan naufragare, in attesa che la morte porti via anche me, lontano da tutta questa ingiustizia.
L’ingiustizia, appunto. L’esatta antitesi per cui ho sacrificato la libertà, durante il breve tragitto che da casa mi portava all’università. Ricordo ancora l’autista del pullman affiancarsi al ciglio della strada, rispettoso del posto di blocco. Allora, due agenti salirono a bordo, ignorando le altre donne che occupavano i posti anteriori, accuratamente velate con il niqab.
Così. senza indugiare, gli uomini del regime vennero verso di me, forse attirati dai miei capelli che, seducenti, ondeggiavano in una morbida coda. Non so chi dei due mi prese per un braccio, buttandomi a terra. Sentii il mio corpo infrangersi sotto calci e pugni: prima le gambe, poi la schiena, infine la testa. Chiusi gli occhi.
Quella fu l’ultima volta che vidi il mio libro di diritto internazionale. Era integro; sopravvissuto all’esplosione d’ingiustizia da poco consumata.
Strattonata giù dall’autobus, percepii la voce flebile di alcune passeggere apostrofarmi “puttana” e “lurida traditrice”.
Poi il silenzio, sino al mio ingresso in questa spoglia cella da dove, come tutte le sere, assisto passivamente al funesto spettacolo pirotecnico che si abbatte su Kabul, in attesa di incontrare la agognata morte.
* Ho attribuito al termine “Kaboom” un significato onomatopeico, intendendolo come il suono di una forte e sonora esplosione!
Grande….molto bello
Grazie mille ☺️