10° settimana: FRAME/CORNICE
Al di là della finestrella che rischiarava la sua cameretta, la libertà. Quel paesaggio autunnale, di cui le raffinate tendine in pizzo ricamate dalla nonna facevano da degna CORNICE, rappresentava per Nicole la sua unica evasione.
La giovane trascorreva pomeriggi interi a scrutare il profilo dei suoi cari monti, distraendosi di tanto in tanto, attratta dagli strani contorni assunti da qualche nuvola passeggera.
Là fuori era il suo mondo; un mondo fatto di pericoli, certo. La montagna può essere traditrice: dirupi, lupi, aspidi, sempre in agguato.
Nicole lo sapeva bene, ne era consapevole. Dopotutto, in quell’habitat era cresciuta, temprando la donna che sarebbe diventata.
Una donna introversa, forse un po’ selvaggia. Abituata sin da piccola a cavarsela da sola, proprio come l’aveva cresciuta quella natura spietata.
Accoccolata sulla sedia a dondolo, Nicole era concentrata a captare i rumori della flora e della fauna, nonostante i vetri chiusi.
***
Striduli schiamazzi e agghiaccianti ululati, in fondo, per lei non erano niente. Sicuramente, erano suoni molto più rassicuranti dei singhiozzi e delle urla che, ogni giorno, si ripetevano puntuali quando suo padre rientrava a casa.
Ogni tramonto, infatti, annunciava l’inizio dello stesso film.
Se chiudeva gli occhi, Nicole avrebbe potuto vedere i medesimi FRAME rincorrersi uno dopo l’altro all’infinito: il papà rincasava ubriaco, si slacciava la cinghia, la brandiva in aria e colpiva la mamma.
Per un’infinità di volte, alle quali corrispondevano un’infinità di lividi che coloravano la pelle della donna sempre in un punto diverso.
E, allora, Nicole veniva inghiottita dall’odio. Detestava suo padre, ma ancora di più biasimava la madre.
Perché non si confidava con lei? Perché continuava a proteggerla, cercando goffamente di nascondere la realtà?
Non era più una bambina.
Era sulla buona strada per diventare una donna, e anche coraggiosa.
In fondo, lei apparteneva alla montagna. L’aveva sempre saputo.