Estasi

24° settimana: KETTLE/BOLLITORE

Il gorgoglio dell’acqua ustionante nel BOLLITORE era la sua macabra sveglia. Anche se abbandonata a un sonno profondo, Rachele era diventata troppo sensibile al fastidioso sibilo.

Quel suono segnava l’inizio di ogni sua giornata e di tutte le sue scuse e bugie.

La colazione era il pasto più semplice, un gioco da ragazzi per lei. Salutata la madre, la quale, dopo averle preparato una tazza di tè caldo, scendeva le scale trafelata, concentrata già sul caso di maltrattamenti che le avrebbe occupato l’intera mattinata, Rachele spezzettava i biscotti in mille pezzi, sistemandoli sul davanzale.

Deglutendo a fatica qualche sorso di tè, attendeva che gli uccellini avessero ripulito ogni briciola, cosicché le sorelle non si accorgessero di nulla.

Dopo essersi specchiata, odiando quelle curve impercettibili sempre troppo grasse, correva a scuola.

Al terzo cambio dell’ora, accettava malvolentieri una caramella offerta gentilmente da Margherita, sperando che fosse al gusto di limone. Il suo sapore aspro la faceva sentire meno in colpa. Per lo meno le sue labbra avrebbero preservato la vibrante attesa per qualcosa di dolce per quando avrebbero incontrato la morbida pelle di Vittorio.

Vittorio, appunto. Le sue lusinghe e i suoi complimenti la facevano sentire appagata di tutti quegli sforzi. Le sue mani, strofinate delicatamente sulla pancia e fra le cosce, le regalavano un senso di sazietà.

Anche per quel giorno poteva a fare a meno del cibo. Il pranzo lo avrebbe buttato nel gabinetto, prima del rientro dei genitori. E la merenda… beh, avrebbe detto che era impegnata con lo studio. Sua madre l’avrebbe certamente capita, forse anche lodata.

Infine, sarebbe giunta la sera e con lei il pasto più infame: la cena. Al tavolo con mamma, papà e le sorelle non poteva mentire. Doveva ingurgitare quanto più cibo possibile in pochi bocconi, così che quella tortura potesse essere effimera. Si sforzava di deglutire trattenendo il respiro per non beneficiare degli squisiti aromi delle pietanze, le quali non avevano alcun diritto di darle piacere, di farla godere.

Solo il suo Vittorio avrebbe potuto regalarle frammenti di estasi.

Vittorio, appunto.

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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