1° parola: LEGO
Col senno di poi tutto è più facile; probabilmente avrei fatto andare le cose in modo diverso. Probabilmente.
Appena vidi i tuoi occhi, riconobbi la mia strada. Una strada senza fine, sulla quale avrei potuto camminare verso l’infinito. Per mano tu e io; noi. Anzi tu, io semplicemente al tuo fianco, mascherata nella tua ombra.
Appena sfiorai le tue mani, riconobbi il mio posto. Noi, perfetto incastro. Proprio come i LEGO con cui giocavo da bambina. Esattamente come quei piccoli mattoncini, saremmo potuti diventare qualsiasi cosa, plasmare la vita a seconda dei nostri voleri.
Mi gratificava farti da fondamenta, da solida base. Sopportare il tuo peso che si addossava al mio ego troppo fragile ma che, nonostante i colpi, reggeva per non deluderti. Non una crepatura, non una scossa di assestamento.
Fu solo quando finisti di costruire il tuo elegante edificio che capii la mia dimensione. Per te non ero altro che la solida impalcatura su cui appoggiare i tuoi desideri, i tuoi voleri, i tuoi celati ordini. Mi consideravi solo un’appendice e, cosa ben più grave, hai fatto sì che anch’io sviluppassi questa immagine di me stessa. Io, una tua costola. Semplicemente.
Solo dopo il crollo del tuo castello riuscii a risorgere. A fatica, nonostante le macerie.
Fu allora che nei tuoi occhi scorsi la vera strada, una strada a senso unico, che portava dritta dritta al tuo spropositato ego. Il semplice sfiorare le tue mani mi infastidiva, mi soffocava. Dalle tue dita si diramava un’invisibile catena che, inconsapevolmente, mi impediva di percorrere i miei passi, costringendomi a solcare le tue orme.
Guardandomi indietro, ho perso il conto dei miei anni sotto le macerie. Anni e desideri che nessuno mi restituirà più, né te né la vita.
Già. Col senno di poi…
P.S. Questo scritto, fortunatamente, non è autobiografico, ma dedicato alle migliaia di donne (e uomini) che per accondiscendere al partner rinunciano ai loro sogni!