Assenza

22° settimana: MASK/MASCHERA

Ricordo ancora quando scappò di casa. Avevo solo nove anni e nella mia classe non si parlava d’altro. Ogni compagno aveva la sua teoria sulla scomparsa di papà, ma nessuno di loro era a conoscenza dell’agognante situazione che governava la mia famiglia.

Non so dire se in quei giorni mamma fosse più preoccupata o sollevata. Il suo volto era catturato giorno e notte dalla stessa espressione alienata, quasi di piatto stordimento.

Anche se non sapevamo dove si trovasse, di certo quel luogo non era la nostra casa. Ora più silenziosa e ordinata.

Era strano poter, in sua assenza, permettersi il lusso di dimenticare sul tavolo il portamonete di scuola senza che sparisse nemmeno un centesimo.

Mi mancava papà, ma senza di lui non c’erano nemmeno le costanti urla dei miei genitori che facevano alzare i decibel dell’appartamento.

Per la prima volta vidi mamma serena recarsi alla posta: pian piano sul suo conto iniziava ad accumularsi un gruzzoletto sufficiente quantomeno a pagare le bollette. Quella era la prova principale che mio padre se ne era andato. Forse già da un mese.

Durante quei pomeriggi ero solo in casa: anche mia madre faceva sentire la sua assenza, orgogliosamente impegnata a raggiungere i creditori e ripianare i debiti. Adesso potevamo permettercelo.

Fu proprio durante quelle ore di solitudine che ricevetti la chiamata. Il telefono di casa squillò, attendendo una mia risposta.

Dall’altro capo, il comandante dei carabinieri. Era la prima volta che dialogavo con un’autorità. Mi agitai.

Riuscii, però, a comprendere che avevano arrestato il papà. Finalmente, sue notizie.

Lo avevano scoperto a rubare nell’edicola di una città poco lontana.

Diedi il numero della mamma, agganciai. Non ricordo altro. Forse provai vergogna. Per lui, non per essere suo figlio.

Lo rividi dopo qualche giorno; il giudice lo aveva messo ai domiciliari e, stranamente, quella casa da cui settimane prima scappò, divenne l’unico rifugio dal carcere.

Tornando da scuola, lo trovavo accasciato sul divano. Guardandolo negli occhi, riuscivo a scorgere solo la sua MASCHERA. Dov’era finito mio padre?

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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