Udito (Valencia)
Succede che la tempesta non scivoli nella quiete. A volte, il sereno fa più rumore della tempesta stessa.
Il silenzio. Un silenzio chiassoso, riempito da un fracasso assordante. Speranzoso, arrendevole, disperato. La voce sottile della morte e della distruzione.
Anche il frastuono silenzioso sfugge via, inghiottito prima dalla prepotenza dell’acqua e poi dalla caparbietà di chi a quella fiumana è sopravvissuto. Almeno con il corpo.
Le urla si rincorrono giù per le vie fangose. Urla di dolore, di rabbia, di strazio; talvolta di gioia, per l’amico ritrovato. Un cane ulula al Cielo, ancora misterioso, plumbeo. In lontananza, un sussulto minatorio prende forma in infinite gocce.
Gli angeli della Morte contro quelli della Vita. Un duello forse impari, certamente combattuto.
All’improvviso, il pianto acuto di un bambino turba l’ipocrisia del silenzio, sincero messaggero di un domani ancora da scrivere. Probabilmente da riscrivere. Il piccolo trova riparo fra le braccia accoglienti di una donna che non è sua madre. Ma non importa: i due saranno sempre legati dalla condivisione della tragedia e della speranza. Filo indissolubile.
Il piccino e la ragazza restano lì, avvinghiati. Abbracciati. I testardi battiti del loro cuore sopraffanno la furia del vento che ancora sta imperversando nelle vie, sollevando schizzi di fango.
In quel fragile fremito d’ali è racchiusa la speranza del domani.
Ho voluto dedicare queste poche righe alla città di Valencia, nonché ai suoi coraggiosi abitanti. Città che visitai appena una settimana prima che la Dana sprigionasse la sua furia omicida e distruttrice.
Un omaggio a tutte le vittime, ai loro familiari, a chi ha perso la casa o il lavoro, quindi il senso della vita. Che il coraggio sia più forte della disperazione. Che i raggi del sole tornato a splendere scaldino il cuore dei sopravvissuti, indirizzando il loro disperato sguardo al domani.