Riflesso

27° settimana: CLIMB/SCALARE

Caro Riflesso,

come vedi, dopo la nostra prima conversazione, ti ho attribuito anche un nome, cercando in qualche modo di sentirti più mio. Sì, perché chiamare qualcosa o qualcuno per nome lo rende più familiare, più intimo.

Non è stato facile avvicinarmi a te. La tua ombra e le tue irte pendici tutte da SCALARE mi facevano paura e, in un certo senso, mi rendono ancora timorosa. Dopotutto, davanti alla tua fiera maestosità è tuttora troppo grande la mia insicurezza, il mio sentirmi bambina.

Ma, giorno dopo giorno, ho accettato di venirti incontro, alzando lo sguardo sulla tua figura ombrosa fino a riuscire a guardarti attraverso. Ed è stato lì, fra le pieghe della tua forma fumosa, che ho riconosciuto parti di me. Esattamente quelle parti che, forse per pigrizia, forse per sopravvivenza, ho lasciato scivolare via dal mio cuore.

E allora, in un attimo, attraverso quelle rinunce da te tenacemente custodite, ho ritrovato qualche frammento di Silvia che il tempo, anestesista del dolore, aveva disperso, rendendomi cieca al dolore e alla gioia di aspettative mai evolute.

In te posso ancora intravedere la vitalità della rabbia per l’ennesima corsa negata; per tutte quelle volte che, in passato, ho dovuto accettare il ruolo di “arbitro”, anche se morivo dalla voglia di contendermi quella dannata Bandiera con tutti i miei amici.

Nel tuo oscuro ventre è ancora intatta la purezza del dolore nutrito dalla rinuncia di essere figlia. Sai Riflesso, a volte, in questi anni, mi sono persino dimenticata la sensazione di crescere con accanto un padre, cercando di ritrovare me stessa in questa rinnovata quotidianità.

E, infine, posso scorgere in te il tormento dato dalla mia cecità sui motivi che hanno portato all’imprevedibile declino. Grazie a quel tormento, dentro te accasato in seguito al mio rifiuto, ho sperimentato la perfetta irrazionalità mascherata nell’amore. Forse, il senso della vita.

Non so se riuscirò mai a fagocitarti nella mia anima, ma ti ringrazio per aver la forza e la costanza di ricordarmi da dove vengo, nonostante i miei tentennamenti!

Con affetto,

                                                                       Silvia

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Pubblicato da Silvia Schenatti

Silvia Schenatti (Lecco, 1992) è cresciuta tra il lecchese e la Valmalenco. Consegue il diploma al Liceo socio-psico-pedagogico di Monticello Brianza e si laurea, con lode, in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, discutendo una tesi in diritto penale. Terminati il tirocinio e la pratica forense, nel 2021 ottiene il titolo di Avvocato. Da sempre amante della scrittura, “L’inferno dentro i suoi occhi” è la sua opera prima.

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